Cosa è mai il tempo? Che rapporto ha con l’umanità il suo incessante e inesorabile fluire? E quale significato ha avuto la sua misurazione e rappresentazione nei diversi periodi storici?
Il tempo è in effetti un’entità astratta con cui l’uomo si confronta continuamente in una sorta di ancestrale ossessione. Un concetto sfuggente al quale arte e letteratura hanno sempre cercato di dare forma e consistenza, stimolate via, via dal progresso tecnico degli strumenti concepiti e nati per cercare di afferrare e imbrigliarne le regole.
L’iconografia del tempo è una delle più mutevoli e poliedriche che il mondo occidentale abbia mai elaborato. Un tema su cui scienziati, filosofi, pensatori e artisti si sono sempre interrogati e spesso risposto con opere di incredibile bellezza e significato.
Il Tempo personificato
Alcune risposte agli infiniti quesiti sul suo mistero, sulla sua ammaliante e criptica essenza, le sta offrendo il museo Poldi Pezzoli (via Alessandro Manzoni 12, Milano) con la suggestiva mostra “La forma del Tempo”(13/05-27/09), curata da Lavinia Galli e in cartellone dallo scorso Maggio.
Un apparato espositivo che, oltre a valorizzare la collezione permanente di orologeria del noto spazio milanese, affianca e approfondisce il tema con una selezione di dipinti, codici miniati, sculture, ritratti, famose pagine di prosa e di poesia…Differenti accezioni dell’arte, della cultura, della tecnologia in una prospettiva corale che abbraccia secoli di storia.
Dall’Umanesimo al Barocco, opere che raccontano il tempo personificato e incarnato sulla scia della riscoperta dei miti classici, oppure sintetizzano le varie età dell’uomo attraverso…il tempo.
Emblematico in questo senso è il noto dipinto di Tiziano Vecellio “Allegoria della Prudenza” (Venezia 1576) che diventa il punto focale del percorso di visita. Il quadro raffigura tre volti partendo da sinistra con un vecchio canuto, al centro un vigoroso uomo di mezza età e alla destra un giovanetto di profilo, sconvolgendo la cronologia convenzionale giovinezza/maturità/vecchiaia che diventa altresì passato/presente/futuro.
Ma facciamo un passo indietro per citare Petrarca che con i suoi “Trionfi” (1350/70) ci ha lasciato la più completa meditazione dell’uomo medioevale sul tema. E se i famosi versi raccontano come il tempo distrugga e trionfi su tutto eccetto che sull’eternità, con l’illustrazione miniata delle preziose pagine, attribuita a Francesco del Chierico, l’ineffabile entità prende la forma di un uomo anziano alato e barbuto in bilico su un carro trascinato da due cervi. Sul carro si legge l’iscrizione “Heri hodie cras”(ieri oggi domani).
La riflessione teorica sul trascorrere del tempo, a partire dal dipinto in mostra di Andrea Previtali richiamante il “memento mori”, sboccia nell’epoca barocca in iconografie allegoriche ideate da artisti come Bernini, Domenichino, Nicole Poussin… Sempre più le opere legano il “Padre Tempo” a qualità positive quali saggezza e consolazione e ciò è dovuto forse alla committenza romana cattolica.
Dal calcolo circolare all’orologio meccanico
Fino al tardo Medioevo, il tempo veniva scandito dal sorgere e dal tramontare del sole e dal ciclico ripetersi delle stagioni. Se ciò era sufficiente e basilare in una società rurale, in un monastero non bastava. L’orologio meccanico nacque infatti nei conventi per l’esigenza dei frati di pregare e officiare a intervalli regolari.
Lo strumento, mosso da pesi, venne chiamato “svegliatore monastico”. In mostra ne è esposto un rarissimo esemplare risalente al XV secolo e c’è perfino una replica dell’Astrario di Giovanni Dondi, la più complicata macchina astronomica ideata nell’epoca precedente il Rinascimento.
Un’intera sezione è dedicata alle tappe fondamentali dell’evoluzione tecnologica degli strumenti, attraverso il passaggio dalla meridiana all’orologio meccanico a pesi, a molla e al pendolo.
Non mancano in mostra altri apparati propri della rivoluzione scientifica come il microscopio e il cannocchiale con esemplari firmati da Giuseppe Campani (1635-1715), rinomato costruttore di lenti telescopiche e inventore, insieme con i fratelli Pier Tommaso e Matteo dell’ “orologio notturno”.
La storia di questo nuovo prototipo è legata a Papa Alessandro VII Chigi (1599-1667) che afflitto dall’insonnia avrebbe stimolato la ricerca di un apparato silenzioso e dal quadrante illuminato, visibile al buio.
Oltre ai cinque capolavori dei fratelli Campani, sono esposti al pubblico ben altri sette magnifici esemplari. Protagonista della sezione è un unicum, una scultura in legno dorato alta oltre un metro e mezzo raffigurante Chronos reggente un globo celeste che proietta i disegni delle costellazioni sul soffitto.
Alla inedita e precorritrice tecnologia dei notturni corrisponde una grande fastosità decorativa con casse realizzate da famosi ebanisti e quadranti dipinti con emozionanti raffigurazioni sempre del…Tempo.
Tanta ricerca, tanta bellezza, tanta operosità si spera non mancheranno di far riflettere sul rapporto, oggi più che mai cruciale, tra noi umani e l’incomparabile, inafferrabile, inarrestabile Entità.